IN MEMORIA DEL METROPOLITA
A tre mesi dalle elezioni parlamentari montenegrine, i membri del nuovo esecutivo hanno prestato giuramento davanti al Parlamento. Le mie previsioni si sono avverate. Il presidente del movimento URA Dritan Abazović ha resistito a ogni tentativo di ricatto da parte del partito di Milo Đukanović (DPS - Partito democratico dei socialisti). La legge sulla libertà religiosa, la cui approvazione ha sollecitato la risposta del popolo fedele, è stata modificata. Sono persuaso che il nuovo governo porterà un cambiamento radicale, dopo 30 anni di partitocrazia. Il suo compito sarà, senza ombra di dubbio, durissimo anche perché Milo Đukanović ricoprirà la carica di Presidente della Repubblica fino al 2022.
Il personaggio che ha segnato questo anno, fuor di dubbio, è il metropolita Amfilohije Radović che è passato a miglior vita il 30 ottobre. Egli nacque il 7 gennaio del 1938 (la chiesa ortodossa festeggia il Natale il 7 gennaio). Si laureò in teologia presso la Facoltà di teologia ortodossa dell'Università di Belgrado e in filologia classica presso la Facoltà di filosofia della medesima università. La sua tesi di dottorato sulla vita di San Gregorio Palamas, sostenuta ad Atene, è tutt'oggi tra le migliori opere teologiche mai scritte in lingua greca. Nel 1991 divenne metropolita del Montenegro e del Litorale. Egli ripristinò la fede ortodossa in Montenegro restaurando ed erigendo una moltitudine di chiese e monasteri (all'incirca 650) e facendo crescere il numero di sacerdoti e monaci. La lotta contro la legge sulla libertà religiosa fu il punto più luminoso del suo sacerdozio.
È degno di nota il suo amore per il Kosovo e Metochia. Il Metropolita aveva a cuore il destino di quella terra martoriata e falciata. Dopo la ritirata dell'esercito serbo nel 1999, egli raccoglieva le ossa dei civili serbi trucidati per mano dei terroristi albanesi, per dargli degna sepoltura. Il giuramento del Kosovo è un tema ricorrente nelle sue opere letterarie.
Purtroppo l'ultimo desiderio del Metropolita è rimasto incompiuto. Nel 1972 il regime comunista commise un sacrilegio divellendo la cappella all'interno della quale giaceva il celeberrimo poeta serbo Petar Petrović Njegoš. Vale la pena di menzionare che l'operaio albanese Iso Mahmutović si rifiutò di abbattere la cappella, incurante delle conseguenze. Per quel gesto il Metropolita lo insignì post mortem della medaglia che porta il nome del grandissimo scrittore. L'abbattimento della cappella è una ferita ancora aperta che deve essere curata.
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